sabato 13 luglio 2013

Ricette facili e grande cucina


LE RICETTE FACILI DELLE CINQUE STELLE
E LA GRANDE CUCINA DELL’ASSESSORE ALLE CASE




Costruire una scuola in tempo di crisi
Dev’esserci ormai un elenco di risposte già pronte nel dizionario politichese, da tirare fuori ogni volta che noi sostenitori del Movimento 5 Stelle ci affacciamo con un’idea o con una proposta: screditarla come “ingenua”, “demagogica”, “irresponsabile”, “irrealizzabile”.
“Una facile ricetta” è l’espressione che stavolta il prontuario suggerisce all’assessore Ceresoni per definire questa nostra proposta a favore di una scuola, invece di sempre nuove abitazioni, da prevedere nel vuoto lasciato dalla mancata costruzione della caserma del Carabinieri in via Cimarosa.
“Attenzione”, ammonisce: “le facili ricette costano poco sia nel progettarle che nel comunicarle; ma poi, quasi sempre, sono inefficaci, non funzionano”. E a dimostrare che la teoria si addice particolarmente alla mentalità del Movimento promosso da Grillo, tira fuori l’esempio di Pizzarotti (sindaco grillino di Parma), il quale per convincere gli elettori a votarlo avrebbe promesso cose che poi non è riuscito a realizzare.  
Lì per lì veniamo colti da un leggero capogiro: intanto perché noi abbiamo proposto una scuola, non scritto una ricetta: semplicemente ci abbiamo ragionato sopra e poi concluso che l’area – con due altre scuole vicine e il grade Parco della Pace - risultava particolarmente adatta ad accogliere la parte mancante di quel  “polo scolastico Senigallia nord” che era stato lungamente nella mente di questa città prima che scomparisse dall’orizzonte della sua amministrazione: la nuova “Mercantini”. Per questo abbiamo annunciato che produrremo nostre osservazioni nel procedimento pubblico della Variante. Quando sarà il momento, poi, l’Amministrazione Comunale valuterà i nostri argomenti e deciderà se accoglierli o no. Noi ci auguriamo che cambi parere e che voglia decidersi per il sì .    
Però a un certo punto ci veniva da ridere. Perché percorrere quasi 300 chilometri di autostrada in cerca di un esempio quando uno anche più calzante ce l’abbiamo qui, a chilometri zero, nell’area Italcementi? Incontriamoci davanti alla gran buca; e adesso dica Lei, assessore Ceresoni: com’è che non ha funzionato la faccenda? Ricetta troppo facile? Speso troppo poco per progetti e comunicazioni? Oppure cosa? E non sarà  colpa nostra se, dopo tanto rimestare di banche e di architetti, adesso Senigallia si ritrova un Movimento a cinque stelle invece che un Albergo a cinque stelle?

Impossibile: mancano i soldi  
Della facilità - intesa come “faciloneria” - della nostra proposta, Ceresoni parla soprattutto in relazione alle risorse che abbiamo indicato come possibili fonti finanziarie da mettere in gioco: soprattutto non lo convince “la facile ricetta dei nostri 5 stelle: cedi due (dirigenti comunali) e compri una (scuola pubblica)”.
Anche qui è necessaria una precisazione: noi abbiamo innanzitutto detto che sarebbe conveniente non pagare più l’affitto dei locali del Seminario - costantemente bisognosi di cospicue manutenzioni trattandosi di un edificio dei secondi anni cinquanta – in modo da convogliare l’impegno di quei 130.000 euro all’anno sulla nuova costruzione. L’altro possibile cespite, ridurre di due unità il parco dirigenti a contratto  profumatamente pagati da questa amministrazione, era sono un’ipotesi da considerare. L’abbiamo avanzata anche per dimostrare che ogni volta che il Comune dice che non ci sono soldi e taglia magari sulle mense dei bambini, in realtà presidia il privilegio del suo costituirsi in casta. Non sarà improprio infatti ricordare che i governi di grande coalizione, abbattendo sostanzialmente ogni limite all’assunzione o conferma di dirigenti a contratto, ci stanno facendo rimpiangere perfino il primo Brunetta, quello che ne aveva fissato un limite entro l’8%. In tempi di spending review non è stravagante pensare di ridurre questi costi che gravano tanto sul bilancio del comune e sulla possibilità stessa di comporne uno.
Ma, come detto, le nostre sono solo indicazioni: se l’autorità comunale si apre alla prospettiva di prevedere una scuola nuova invece che nuovi appartamenti, avrà anche altre opportunità per reperire fondi. Basti pensare che due mesi fa il Consiglio Comunale ratificò un documento di ricognizione di alcuni beni (negozi e ambulatori) facenti parte del patrimonio comunale per una loro rapida alienazione; senza però inserirvi  nessuna motivazione se non quella di una necessità tecnica di redazione dello stesso (leggere per credere) e - cosa più interessante - senza prevedere alcuna indicazione circa l’utilizzo del corrispondente ricavo.
Un altro impedimento che l’assessore ha sollevato appellandosi alla nostra ignoranza è quello che riguarderebbe la proprietà dell’area. “E’ bene ricordare ai nostri che ci muoviamo in questo caso entro un lotto a totale proprietà privata e che […] esso può essere acquistato o espropriato pagando un oneroso prezzo o indennizzo, […]  somme ad oggi troppo onerose per i bilanci degli enti pubblici locali territoriali”.  Neanche su questo abbiamo difficoltà a contraddirlo: intanto perché non è affatto escluso che la proprietà (EDRA) possa preferire un accordo per costruire una scuola anziché affrontare un mercato che non garantisce vendite e magari dover pagare l’IMU sugli eventuali invenduti; inoltre, avendo fatto i conti di quanto costerebbe l’area, abbiamo visto che il prezzo al metroquadro alla destinazione attuale è di 35 euro, e che pertanto l’acquisto sarebbe pari a un anno di affitto del Seminario per la vecchia Mercantini: non dunque inaffrontabile per la comunità; se per converso l’area in questione seguirà il destino che le assegna la Variante, il suo prezzo al metroquadro salirà a 536 euro. Capito il discorso?

Uno schiaffo alla crisi
Insomma, se l’assessore Ceresoni fa strazio dei nostri argomenti per poter dimostrare che 1) di questi tempi un’amministrazione pubblica non può permettersi di costruire una scuola  2) che le sue scelte di costruire abitazioni vanno accettate “senza se e senza ma”, come dice lui,  allora possiamo agevolmente assicurare che si sbaglia di grosso e che - peggio -  induce in errore la città.
Naturalmente per noi questa proposta non manca di riferimenti generali, oltre a quello dell’opportunità specifica di collocare una scuola in un posto che ci sembra adatto. Destinare fin d’ora uno spazio per la costruzione di una scuola, e poi costruirla veramente, sarebbe come dare uno schiaffo alla crisi, offrendo nel contempo una migliore lettura delle responsabilità afferenti e reagendo ad essa con un’opera pubblica ottenuta attraverso un migliore uso del denaro pubblico.
Si tratta esattamente di quella strategia della quale l’assessore ci trova carenti, quando spiega che “governare un territorio […] significa tentare di dare risposte concrete e praticabili ai bisogni vecchi e nuovi della comunità locale entro un programma amministrativo dichiarato”.
Appunto. Proviamo a vedere se e dove ci sarebbe carenza.
Il 4 maggio scorso, nell’atto di comunicare le intenzioni del “Piano comunale per l’edilizia Residenziale pubblica e Sociale”, di cui la Variante in questione non è che un primo passo, l’assessore precisava che nella zona di via Cimarosa l’indice edificatorio dedicato alla Caserma non più costruita verrebbe ridotto della metà in favore delle abitazioni. Ora, pur rammentando che per “consumo di suolo” si intende l’espansione  urbana (sprawl) più ancora che l’intensività dell’edificato, si può comunque riconoscere una riduzione del carico edilizio. Questa però viene ottenuta concentrando l’attenzione della politica comunale solo ed esclusivamente sull’edilizia abitativa e non prendendo in considerazione altro bisogno che quello. Quando, un domani  anche prossimo,  ci si renderà conto che la situazione della Mercantini attuale non è più sostenibile a causa dello stato dell’immobile molto logorato delle crescenti spese fisse, il sempre ripetuto “parametro della vivibilità” e della qualità dei servizi imporrà di trovare una nuova area per il nuovo edificio, magari dentro il Parco della Cesanella; allora addio risparmio di suolo e bentornato sprawl. In definitiva costruire qui la nuova Mercantini vorrebbe dire risparmiare suolo.

Demagoghi e volani
Ma veniamo alla parte più aspra del rimprovero che ci muove l’assessore, là dove dice che “non servono demagogia né belle parole, ma programmi dichiarati e progetti realizzabili”. Dal momento in cui il target dichiarato è quello delle “politiche sociali di integrazione e di solidarietà verso le fasce più deboli e maggiormente esposte agli effetti della crisi economica”, e che questo si può conseguire “partendo anche dall’accesso alla prima casa in proprietà o in locazione in relazione al reddito disponibile”, diventa automatico per lui dare del demagogo a chi propone di fare un’altra cosa: fosse pure quella che si nasconde in quell’“anche”. Per esempio una scuola.   
Qualcosa però ci dice che chi fa demagogia è proprio lui. Anzi più di qualcosa: un sacco di cose. Una vera dialettica dell’ambiguità. Cosa vuol dire infatti che “la presenza di una previsione edilizia privata è necessaria a fondare la sostenibilità economica del processo di conversione delle destinazioni d’uso, rappresentando quel volano in grado di sorreggere il progetto di edilizia residenziale sociale”? Non si accorge l’incauto che la stessa frase si legge anche all’inverso? Come può fare da volano una cosa che non vola? E come potrebbe rilanciarsi un’edilizia privata che è ormai ferma da anni, che semina soltanto invenduti, che propone prezzi da Costa Smeralda prodotti scadenti a bassa qualità di maestranza, in genere subappaltata, e che malgrado quello che si dice, non offre nessun indotto all’occupazione locale; e come potrebbe “il costruttore che costruisce l’Italia” andare incontro al rischio di non vendere se non avesse dalla sua la garanzia pubblica per metà di quello che costruisce? Come potrebbe insomma l’edilizia privata rilanciarsi se non si facesse trascinare dalle garanzie giuridiche e finanziarie che le provengono dal contributo dell’iniziativa pubblica?
Ecco dunque che la parte pubblica mette a disposizione una serie di accorgimenti (ridistribuzione dei carichi, riqualificazione urbana, perequazione, compensazione, diritti edificatori), che sono in gran parte  restyling di quelle vecchie forme più o meno pubblicamente assistite che negli anni ottanta consentirono alla città di crescere come è cresciuta; e tutte le avvolge di ragioni incontrovertibili come quella sociale, per le quali chi non è d’accordo è subito classificato come egoista, classista, razzista e ogni altro improperio che si merita chi prenda interesse per quell’“anche”.  Lo scopo sociale rende santo il mattone e l’obiettivo di ridurre il consumo di suolo gli si inchina davanti. Così celebriamo l’autocostruzione come bella esperienza, quale effettivamente è; a patto però di scordarsi che anche le case autocostruite poggiano per terra. Diverso sarebbe se fossero permesse quelle sole: ci sarebbe allora un’espansione a misura delle forze umane e non lievitata su risorse finanziarie e ambientali strappate alla cittadinanza.
Ebbene, tutto questo l’assessore lo chiama “potenziare l’edilizia sociale all’interno delle politiche di welfare”. E qui ancora ambiguità di fondo. Vuole dirci per favore quali sono, rispetto all’edilizia abitativa, le politiche di welfare? Non certo quelle di rimettere in moto le nuove costruzioni, fossero pure entro aree circoscritte, fossero pure coibentandole a dovere, dal momento che esiste un patrimonio immenso da riqualificare, da rendere energeticamente autonomo e fruibile anche col concorso dell’edilizia pubblica e di quella convenzionata. Dove vanno a imbucarsi invece le energie urbane se da noi si pensa solo a fabbricare il nuovo? Costruire sulla collina sopra Via Cellini sarà pure un diritto acquisito di chi la possiede (ed è giusto rendere merito alle generazioni politiche che gliel’hanno dato, avendo le presenti incassato il beneficio della loro eredità), ma va contro gli interessi di questa città, come il buon Ezio Antognoni già diceva; e una cosa sbagliata non diventa giusta solo perché si consente anche al povero di prendervi parte. Non serve imbandire la tavola del ricco soltanto perché Lazzaro raccolga le briciole.
Del resto è lo stesso assessore che apre la via del dubbio fornendo spiegazioni non richieste: “E’ errato pensare che l’edilizia sociale sia in questo caso la foglia di fico per coprire una speculazione edilizia legata all’edilizia privata”! Ah sì? Allora ci ragioneremo sopra. Intanto però fermiamoci alla nostra osservazione alla Variante: una scuola dove lui, se abbiamo ben capito, vorrebbe costruiti duecento appartamenti, di cui la metà a prezzo concordato.

La causa sociale difesa contro i suoi sostenitori
Non sono poca cosa, se pensiamo al numero; di quanto costerebbero, però, è più difficile sapere mancando precise informazioni; ma quelle si dovevano avere ben prima che la Variante fosse proposta all’adozione del Consiglio Comunale. Soltanto disponendo di cifre potremmo sapere se l’obiettivo verrà colto oppure no; a partire dai dati che riguardano l’entità e la qualità del bisogno. Quelli che fornisce Ceresoni si volgono a  due categorie di soluzioni: sono mille persone, divise a metà tra famiglie che richiedono una casa popolare e metà  che chiedono un contributo per l'affitto.
Si tratta di dati importanti, ma astorici e non elaborati. Le persone che sarebbero interessate al nuovo mercato protetto l’assessore le colloca in “quella cosiddetta fascia grigia appartenente al ceto medio: troppo ricco per essere ricompreso nelle categorie per essere ricompreso nelle categorie legislative riferite alle case popolari, e troppo povero per avere accesso al credito bancario per acquistare la prima casa”. I ceti medi magari ringraziano del pensiero, ma continuano a non sapere se avranno mai i soldi per pagare. poi gli basteranno i soldi per avere la casa pagare.  
L’esperienza insegna che l’enfasi è stata sempre tanta, ma che non basta a garantire che il grande programma venga portato a realizzazione, e forse nemmeno che venga cominciato. Quale “concretezza”, quale “realtà”, quale “operatività” può avere un piano comunale per le case sociali se il Comune si lascia alle spalle una serie di interventi non ancora compiuti o non ancora avviati? Sono stati brillanti nel risolvere il caso delle 18 famiglie sfrattate dal grande palazzone di Via Marche? Bravi. Speriamo però che non ci sia  soltanto Via Cimarosa per risolvere i problemi della città. La stessa edilizia popolare è ferma in Via Mattei e non è ancora partita nell’area dismessa della VECO. Perché non mandate avanti quelle?
La nostra proposta è più piena di futuro della vostra, perché il futuro si costruisce anche così. Essa prevede  un risanamento delle finanze locali a partire da quelle comunali. Se non si comprende che anche le politiche locali hanno responsabilità proprie nell’attuale crisi, il patto di stabilità può diventare addirittura deresponsabilizzante nei confronti degli amministratori pubblici. Noi sappiamo invece che, comunque, qui tocca ballare e qui si balla.
Un’ultima virgola in calce all’invito che ci fa l’Assessore. Nessuno di noi ha mai pensato di “arrivare” a “governare una città”; a noi interessa porre le condizioni perché questa città sappia vivere di se stessa e soddisfare le legittime aspirazioni di chi ci vive. Se avremo un programma politico, quasi certamente affronteremo il problema da un altro punto di vista: quello dell’efficienza energetica totale e della liberazione del cittadino dalla schiavitù delle bollette.  
Ma di questo parleremo più avanti, quando sarà il momento.  

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